La ritenuta d’acconto è una trattenuta IRPEF (o IRES) che viene effettuata sulle somme di denaro o bonifici che si percepiscono dai clienti o datori di lavoro, banche o istituti finanziari, detti anche sostituti di imposta.
Quante tipologie di ritenute d’acconto esistono
Esistono moltissime tipologie diverse di ritenuta d’acconto ma quelle che vengono più utilizzate sono sempre le stesse:
- ritenuta a titolo di acconto;
- ritenuta a titolo di imposta.
Nel primo caso significa che stabiliti circa 10.000 per l’onorario con un cliente verrà applicata, in alcuni casi, una ritenuta del 20% a titolo di acconto (questo capita spesso quando si emette una ricevuta o una fattura nei confronti di un soggetto titolare di partita Iva). Ciò significa che del totale si percepiscono solo 8.000, mentre i restanti 2.000 rappresentano un’anticipazione sulle imposte che andrete a pagare (il 23% a titolo di Irpef), meno le ritenute che già sono state versate.
Se invece fossero state a titolo di imposta, le ritenute, avrebbero potuto comunque avere come aliquota circa il 20%, ma in questo caso la tassazione su quei 10.000 euro si sarebbe esaurita con quel 20% stesso.
Quali sono i redditi su cui si applicano le ritenute d’acconto
Quando è obbligatorio applicare in fattura la ritenuta d’acconto? Diventa obbligatoria la ritenuta d’acconto per tutti quei soggetti che pagano un compenso a professionisti ed artisti per avere prestazioni di lavoro autonomo. Nello specifico, i soggetti sostituti di imposta per cui vige l’obbligo di ritenuta d’acconto sono:
- persone fisiche che esercitano attività d’impresa o arte e professione;
- società di persone e gli enti equiparati;
- società di capitali residenti nel territorio dello Stato;
- enti pubblici e privati diversi dalle società;
- società ed enti non residenti in Italia;
- associazioni non riconosciute;
- condomini;
- curatori fallimentari;
- Pubblica Amministrazione;
- imprese agricole;
- trust;
- Gruppi Europei di Interesse Economico (G.E.I.E).
Pagamenti soggetti alla ritenuta d’acconto
In linea di principio sono soggetti a ritenuta d’acconto i seguenti redditi:
- redditi da lavoro dipendente;
- redditi da lavoro autonomo;
- redditi da capitale;
- ogni altro reddito soggetto per legge a ritenuta.
Per i lavoratori autonomi la ritenuta d’acconto si applica sui compensi addebitati dagli stessi nei confronti dei titolari di una partita IVA. In una tale prospettiva, dunque, il ruolo di sostituto d’imposta è rivestito dal soggetto debitore che effettua il versamento all’erario in luogo del professionista, ma una parte del compenso per la prestazione di quest’ultimo viene detratta.
Le ritenute d’acconto per i professionisti
Le ritenute d’acconto usate per i professionisti vengono applicate quando viene svolta una prestazione occasionale. Le prestazioni occasionali sono quelle di norma soggette ai contratti a progetto, la cui regolamentazione è stata spesso sotto i riflettori.
Nella grande maggioranza dei casi la situazione che si presenta è questa: il vostro cliente titolare di partita IVA verserà un modello F24 a titolo di Irpef, per vostro conto, anticipando di fatto parte delle tasse che dovrete poi liquidare con la dichiarazione dei redditi.
Dopo che ogni cliente avrà versato le ritenute d’acconto bisognerà comunicare l’ammontare delle ritenute di imposta che ha versato nel corso dell’anno precedente (queste sono chiamate certificazioni dei sostituiti di imposta o certificazione unica).
Queste certificazioni vi serviranno perché durante la dichiarazione potrete indicare l’ammontare delle ritenute (ossia delle tasse) che altri hanno già versato per voi. Quindi se dovevate 1.000 euro di imposte e vi hanno applicato nel corso dell’anno 400 euro di ritenute d’acconto, a giugno dovrete solo versare 600 euro a titolo di saldo di imposta: è il meccanismo della sostituzione di imposta per cui chi sta a monte del processo impositivo trattiene una somma a titolo di imposta per il soggetto che sta più a valle.
Le ritenute d’acconto su redditi di lavori indipendenti
Questa tipologia è indubbiamente la più conosciuta, dato che riguarda le ritenute d’acconto più visibili: spesso infatti può capitare di afferrare la busta paga e vedere le ritenute (non trattenute) che vi sono state applicate a titolo di Irpef e che ogni mese continuano a detrarre dal compenso lordo mensile.
Le ritenute d’acconto su redditi di capitale
Esistono però anche altre famiglie di ritenute d’acconto, come quelle sui redditi di capitale. In queste vedrete che al momento della percezione dei proventi derivanti da un investimento finanziario vi saranno applicate delle ritenute a titolo o di acconto o di imposta.
L’aliquota ordinaria e la base imponibile
L’aliquota ordinaria per le ritenute d’acconto relative a redditi di lavoro autonomo corrisponde a circa il 20% dell’imponibile. Bisogna però precisare che non si applica la ritenuta a titolo d’acconto del 20%, ma una ritenuta a titolo di imposta pari a circa il 30% dell’ammontare, corrisposto per le prestazioni lavorative svolte nel territorio dello Stato dai soggetti che percepiscono i compensi, ma che non risiedono in Italia.
Invece la base imponibile sulla quale applicare l’aliquota è composta da molteplici voci:
- dai compensi professionali,
- dai rimborsi per spese diverse da quelle di ristorazione o alberghiere,
- dal contributo al 4% ma solo per gli iscritti alla gestione separata Inps (e non per gli iscritti alle casse previdenziali degli ordini professionali).
Il versamento della ritenuta d’acconto
Il versamento della ritenuta d’acconto va fatto dal sostituto d’imposta entro un giorno preciso del mese successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. Se il giorno x è un giorno festivo il versamento dovrà essere posticipato al primo giorno utile. Si può procedere al versamento tramite il modello F24 usando i codici tributo identificativi del tipo di reddito corrisposto, reperibili sul sito dell’Agenzia delle entrate.
Quando la ritenuta d’acconto non è necessaria
Esistono anche delle situazioni per cui la ritenuta d’acconto non è necessaria e adesso vi segnaleremo quali.
I redditi assoggettati a ritenuta d’acconto sono tutti quei compensi provenienti da prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale e le provvigioni inerenti i rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza e procacciatore d’affari. Le situazioni in cui questa non è dovuta è nel caso in cui il compenso sia corrisposto per prestazioni di lavoro autonomo occasionale da enti pubblici e privati non commerciali, purché non si tratti di acconto di maggiori compensi. La ritenuta d’acconto, inoltre, non è dovuta per le prestazioni rese da coloro che aderiscono al regime forfetario e al regime dei minimi.
Le omissioni della ritenuta d’acconto
Come sappiamo, l’evasione fiscale è da sempre uno dei più grandi reati contro cui lo Stato Italiano combatte. L’omesso versamento delle ritenute certificate è un reato previsto e punito; chiunque trasgredisca queste normative, chiunque non effettui il versamento entro i termini previsti per presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute, dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti da eventuali certificazioni rilasciati ai sostituti, può essere punito con la reclusione. In sostanza la condotta sanzionata consiste nell’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione entro i termini di legge.
A prescindere dall’entità dell’omissione, chiunque non versi la ritenuta d’acconto, in qualunque caso, può andare incontro a conseguenze di carattere fiscale. È comunque possibile avvalersi del meccanismo del ravvedimento operoso, con conseguente diminuzione delle sanzioni da 1/10 sino a un 1/5 del minimo a seconda del termine entro il quale si provvede alla regolarizzazione.